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Se pensiamo a come l’IA era solo qualche anno fa—una roba da nerd chiusi in laboratorio—e ora ce la ritroviamo pure mentre scriviamo una mail o prepariamo una presentazione, viene quasi da sorridere. OpenAI, quella banda di smanettoni visionari (sì, pure Musk ci ha messo lo zampino all’inizio), ci ha portati da “ok, interessante” a “ma questa roba ci cambia il lavoro ogni giorno”. E adesso siamo a ChatGPT 5 e Sora 2. Non proprio due passetti, eh.

Com’è che siamo arrivati qui? Bella domanda. E, sinceramente, dove andremo a finire adesso che l’IA non è più una moda ma un pezzo di vita quotidiana?


Flashback: 2015, il via

OpenAI nasce nel 2015 con quell’idea un po’ naïf ma pure ambiziosa: IA per tutti, potente ma non fuori controllo. C’erano già i nomi grossi—Sam Altman, Elon Musk, gente che se la tira pure un po’, diciamolo—e un team di cervelloni.

All’inizio, le varie GPT sembravano più dei giocattoli che altro. Poi, boom—GPT-2: inizia a scrivere testi lunghi e pure sensati. OpenAI, tra l’altro, se l’è fatta pure sotto all’idea di metterla online.

Poi arriva GPT-3. Qua cambia tutto. Gli scettici iniziano a ricredersi dopo due prompt. Milioni di parametri, testi che ti fanno pensare “Aspetta, ma chi l’ha scritto?”.

Con ChatGPT nel 2022, la festa si sposta dalle stanze dei laboratori alle scrivanie di chiunque abbia una connessione. E lì esplode tutto: TikTok, meme, nonni che chiedono “ma questa IA cos’è che fa?”.

Poi GPT-4 e il turbo: immagini, audio, la festa è appena iniziata.


ChatGPT 5: mica solo un upgrade

E adesso? ChatGPT 5. Non è solo “più grande”. La vera figata è che sembra capirci meglio. È meno macchinoso, più umano (o almeno ci prova). Scrive codice come se fosse un dev con la caffeina nel sangue, ti aiuta a debuggare senza farti sentire scemo, e si mette pure a disegnare interfacce meglio di certi designer.

La differenza grossa? Non dobbiamo più impazzire a scegliere il modello giusto, è più fluido, tutto in uno. È come avere un coltellino svizzero in tasca, ma digitale.


Sora e il linguaggio delle immagini

Se pensavamo che l’IA si limitasse a parole e testi, ecco Sora. Qui si parla di video generati da una frase. Non robe astratte, eh—scene vere, gente che si muove, ambienti credibili. Tipo: “Facci vedere un gatto che gioca a scacchi in un bar anni ’80” e Sora lo piazza lì, con tanto di neon e soundtrack giusta.

Sora 2, pare, alzerà ancora il tiro. Video con audio sincronizzato, voci, rumori, insomma, roba da registi pigri e pubblicitari col braccino corto. E la narrazione? Più coerente, scene che filano via lisce. Praticamente, se Google tira fuori Veo 3, OpenAI risponde pan per focaccia.

Immaginiamo di descrivere una scena al volo e vedere tutto prendere vita. Cinema, spot, social, tutto diventa playground per la fantasia.


Dove va OpenAI?

Non si fermano di certo. Stanno già puntando su agenti autonomi—tipo assistenti che non solo rispondono, ma fanno. Fanno ricerche, organizzano dati, gestiscono le rotture di scatole. E poi la personalizzazione: IA che si adattano a noi, alle aziende, ai gusti. Roba da non dover più urlare “Ehi, capiscimi!” al telefono.

Memoria a lungo termine? Sì, tipo assistenti che si ricordano i progetti e non ci fanno ripetere mille volte le stesse cose. E i chip? Stanno lavorando con Broadcom così si producono pure i “cervelli” in casa, tagliano i costi e fanno girare tutto meglio.

In fondo, l’idea vera è un ecosistema unico, una specie di “super-app” dove l’IA diventa la porta principale per tutto il digitale. Sogno? Forse, ma ormai ci siamo quasi.


In conclusione (ma senza fare i filosofi)

In meno di dieci anni siamo passati da un prototipo che incuriosiva pochi a un’IA che scrive, parla, disegna, crea video e presto metterà pure l’audio giusto sulle immagini. ChatGPT 5 è il passo che porta l’assistente digitale a sembrare sempre più naturale, mentre Sora 2 promette di rivoluzionare il modo in cui produciamo contenuti visivi.

Il filo conduttore è evidente: l’IA non è più una novità da smanettoni, è uno strumento che plasma il nostro quotidiano. E il viaggio, questo, è solo all’inizio.

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